18 Luglio 2025
Dentifricio sulle scottature e altre leggende: perché non dovresti farlo
Nell’immaginario comune, il dentifricio è diventato una sorta di “pronto soccorso da bagno”: fresco, bianco, facilmente reperibile. È così che, da generazioni, è passato di bocca in bocca il consiglio di applicarlo sulle scottature, come se la sua azione rinfrescante potesse lenire il dolore e favorire la guarigione. A rafforzare il mito, ci sono ingredienti come il mentolo o il bicarbonato, che evocano un senso di sollievo immediato.
Ma questa convinzione non ha alcun fondamento scientifico. Al contrario, nasce da un mix pericoloso di intuizioni casalinghe e passaparola, che nel tempo si sono consolidate fino a sembrare verità. La realtà, però, è ben diversa: il dentifricio è un prodotto studiato per l’igiene orale, non per l’epidermide lesa. Usarlo su una scottatura significa affidarsi a una soluzione inefficace, quando non addirittura dannosa. Eppure, come tutti i falsi miti, continua a resistere grazie alla sua apparente semplicità.
Ingredienti del dentifricio: efficaci per i denti, dannosi per la pelle
Il dentifricio è una miscela pensata per resistere all’ambiente acido della bocca, contrastare i batteri orali e rinforzare lo smalto. Contiene ingredienti attivi come fluoro, perossido di idrogeno, mentolo e bicarbonato: ottimi per combattere la placca, ma fuori contesto quando entrano in contatto con una pelle ustionata. Queste sostanze, infatti, possono irritare i tessuti cutanei già compromessi, alterarne il pH naturale e creare un ambiente favorevole a infezioni.
Alcuni componenti, come il fluoro o i sbiancanti, possono addirittura “sigillare” il calore all’interno dell’ustione, rallentando la dispersione termica e amplificando il danno. La pelle, a differenza dei denti, è un tessuto esposto e vulnerabile, soprattutto in seguito a un trauma termico. Applicare dentifricio su una scottatura equivale a usare un prodotto non sterile, non testato per quell’uso, su un’area delicata: un rischio evitabile che nulla ha a che vedere con la guarigione.
L’effetto contrario: come il dentifricio può peggiorare una scottatura
L’illusione del sollievo immediato è il vero inganno. Quando si applica il dentifricio su una scottatura, la sensazione di fresco generata dal mentolo o dal bicarbonato può far credere che stia funzionando. In realtà, questo effetto è solo superficiale e momentaneo. Sotto la pelle, il danno continua ad aggravarsi: la pasta dentifricia crea una pellicola che trattiene il calore nei tessuti, impedendo alla cute di raffreddarsi naturalmente. In più, i suoi ingredienti – pensati per rimuovere batteri dalla bocca – possono alterare l’equilibrio cutaneo, irritare l’epidermide e favorire infezioni.
Il risultato? Un’infiammazione che si complica, rallenta la guarigione e può lasciare segni duraturi. Affidarsi al dentifricio in caso di ustione non solo è inefficace, ma rischia di trasformare un piccolo incidente domestico in una lesione difficile da trattare.
Tipologie di ustioni: quando serve davvero il medico
Non tutte le ustioni sono uguali, e riconoscerne la gravità è il primo passo per evitare errori che possono compromettere la guarigione. In base alla profondità del danno cutaneo, le ustioni si classificano in tre gradi, ma è la valutazione clinica a determinare l’intervento più appropriato.
Le ustioni di primo grado sono le più comuni e coinvolgono solo lo strato superficiale della pelle. Si manifestano con arrossamento, bruciore e lieve gonfiore. Se trattate correttamente — ad esempio con acqua fresca e aloe vera — guariscono senza lasciare tracce. Ma anche in questo caso, l’uso di rimedi sbagliati come dentifricio o burro può peggiorare la situazione, irritando la cute e prolungando il recupero.
Le ustioni di secondo grado penetrano più in profondità, provocano vesciche, dolore intenso e talvolta secrezioni. In presenza di bolle, improvvisarsi dermatologi è rischioso: è necessario mantenere la zona pulita, non rompere le vesciche e, nei casi più estesi, consultare un medico.
Le ustioni di terzo grado, infine, sono un’emergenza medica. La pelle appare carbonizzata, cerosa o insensibile al tatto. In questi casi, ogni secondo conta: l’unico trattamento possibile è l’intervento immediato di un professionista sanitario.
In tutte le situazioni, la regola è una: se l’ustione è estesa, profonda o coinvolge aree delicate come viso, mani, piedi o genitali, il “fai da te” è fuori discussione. La pelle danneggiata ha bisogno di cure competenti, non di rimedi improvvisati.
Cosa non mettere su una scottatura: l’elenco delle “soluzioni della nonna” da evitare
Quando ci si scotta, la tentazione di correre ai ripari con quello che si ha in casa è forte. Purtroppo, molte delle soluzioni tramandate nel tempo — spesso consigliate in buona fede da genitori o nonni — si rivelano oggi inutili o addirittura dannose. Il burro, ad esempio, è tra i più classici rimedi casalinghi, ma crea una barriera grassa che intrappola il calore nei tessuti, ostacolando la naturale dispersione della temperatura e aumentando il rischio di infezione. Lo stesso vale per l’olio, sia d’oliva che di cocco, spesso considerato “lenitivo” ma inadatto in fase acuta.
Un altro rimedio da evitare è il bianco d’uovo crudo, che può veicolare batteri. Il ghiaccio, seppur efficace per traumi, è troppo aggressivo sulla pelle ustionata e può causare un’ulteriore lesione da freddo. E infine il fango, utilizzato ancora in alcuni contesti tradizionali, introduce microbi nella ferita aperta.
Il primo soccorso corretto: come intervenire in modo sicuro e tempestivo
Davanti a una scottatura, ogni minuto conta. Il primo soccorso non è solo una questione di velocità, ma soprattutto di correttezza dei gesti. La prima azione utile è allontanare subito la fonte di calore e raffreddare la zona ustionata con acqua corrente fresca (mai ghiacciata) per almeno 10-15 minuti: questo semplice gesto aiuta a limitare l’estensione del danno e a ridurre l’infiammazione.
Dopo aver raffreddato la zona, è essenziale asciugarla tamponando delicatamente e applicare, se disponibile, una crema, garza o spray a base di Rigenase e Poliesanide. Non vanno usati tessuti ruvidi, né coperture adesive: meglio optare per una garza sterile, da fissare senza stringere.