23 Maggio 2025
Dermatite da acqua di mare: cos’è e cosa fare
Con l’arrivo della bella stagione, le giornate si allungano e il richiamo del mare torna a farsi sentire. Le spiagge iniziano a popolarsi, tra bagni rinfrescanti, lunghe nuotate e momenti di relax sulla battigia. Tuttavia, accanto ai benefici del contatto con l’acqua salata, possono insorgere anche fastidi cutanei spesso sottovalutati.
Tra questi, la cosiddetta dermatite da acqua di mare è una manifestazione che tende a comparire proprio durante i mesi più caldi, quando l’esposizione all’ambiente marino aumenta. Non si tratta di un’infezione contagiosa, ma di una reazione allergica a minuscoli organismi presenti nell’acqua, responsabili dell’irritazione cutanea.
Cos’è la dermatite da acqua di mare
La dermatite da acqua di mare è una reazione cutanea che si manifesta dopo il contatto con acque marine contaminate da microrganismi o parassiti. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è causata direttamente dalla salsedine, bensì da un’invisibile interazione tra la pelle e larve microscopiche chiamate cercarie.
Questi organismi, che fanno parte del ciclo vitale di alcuni parassiti presenti nell’ambiente acquatico, penetrano accidentalmente nella pelle umana provocando una risposta allergica. Il disturbo, pur non essendo pericoloso né trasmissibile, può causare un significativo disagio, soprattutto nelle sue fasi iniziali.
Il nome “dermatite da acqua di mare” non sempre rende giustizia alla varietà delle acque in cui può manifestarsi, dato che il fenomeno può avvenire anche in lagune e acque salmastre.
Perché si manifesta: le cause più comuni
Le acque stagnanti o poco profonde, riscaldate dal sole e ricche di fauna marina, rappresentano l’habitat ideale per lo sviluppo delle cercarie. In questo contesto, molluschi acquatici infetti rilasciano le larve nell’ambiente circostante, che si concentrano in prossimità delle rive, dove il rischio di esposizione aumenta.
L’incremento della balneazione nelle zone costiere contribuisce involontariamente alla diffusione del fenomeno, specialmente quando la fauna selvatica viene attratta da resti alimentari o attività antropiche. Non si tratta di un pericolo legato alla qualità igienica dell’acqua, ma di una reazione scatenata dall’interazione casuale tra esseri umani e un ciclo biologico naturale, che si attiva in modo inaspettato e spesso inosservato fino alla comparsa dei primi sintomi cutanei.
Come si presenta la dermatite da acqua di mare
Un’irritazione cutanea localizzata, il cui aspetto può variare da persona a persona, potrebbe indicare una dermatite da acqua di mare. I primi segnali includono una sensazione di pizzicore o bruciore, spesso avvertita poco dopo il bagno. Successivamente compaiono piccole papule rossastre, talvolta accompagnate da vescicole o gonfiori, che tendono a concentrarsi nelle aree rimaste a lungo immerse, come gambe, braccia o busto.
A rendere particolare questa reazione è la sua distribuzione irregolare: le lesioni non seguono un ordine preciso, ma si sviluppano nei punti di maggiore esposizione, spesso accentuati da indumenti da bagno che intrappolano l’acqua.
Nonostante l’aspetto talvolta allarmante, la dermatite è autolimitante e tende a risolversi spontaneamente. Il prurito intenso che la accompagna, però, può compromettere il comfort quotidiano e, in alcuni casi, causare microlesioni da grattamento.
Zone del corpo più colpite
Le aree del corpo più frequentemente interessate dalla dermatite da acqua di mare coincidono con quelle maggiormente esposte durante la balneazione, in particolare arti inferiori, braccia e addome. La distribuzione delle lesioni non è casuale, ma riflette il comportamento delle larve che si concentrano nelle zone dove l’acqua è più ferma e il contatto con la pelle è prolungato.
Indumenti aderenti come costumi da bagno e mute, oltre a trattenere l’umidità, creano condizioni favorevoli alla permanenza delle cercarie sulla pelle, intensificando l’irritazione. Anche la postura mantenuta in acqua incide: camminare o rimanere fermi in acque basse espone con maggiore intensità le gambe, rendendole bersaglio privilegiato.
Nelle persone con pelle sensibile o già irritata da sole, sabbia o sudore, la reattività può essere accentuata. L’osservazione della localizzazione delle lesioni fornisce spesso indizi utili per distinguere questa forma di dermatite da altre condizioni cutanee di origine simile.
Chi è più a rischio
La probabilità di sviluppare una dermatite da acqua di mare non dipende esclusivamente dal tempo trascorso in acqua, ma anche da una serie di fattori individuali e ambientali. Bambini e adolescenti risultano più vulnerabili, non solo per la maggiore permanenza in acque basse, ma anche per una risposta immunitaria spesso più reattiva agli agenti esterni.
Persone con pelle sensibile o affette da condizioni dermatologiche preesistenti, come dermatite atopica, possono manifestare sintomi più marcati. La frequenza della balneazione, la scelta di aree poco ventilate o con scarso ricambio d’acqua e l’orario di immersione – in particolare le ore più calde – influiscono sul rischio. Anche l’abitudine di restare a lungo in costume bagnato aumenta l’esposizione prolungata agli agenti irritanti.
Cosa fare quando compare la dermatite da acqua di mare
La prima azione utile consiste nel risciacquo accurato della pelle con acqua dolce, preferibilmente tiepida, per rimuovere eventuali residui irritanti. Una corretta asciugatura, effettuata tamponando delicatamente con un asciugamano pulito, aiuta a evitare ulteriori stimoli meccanici sulla cute infiammata.
Nei momenti immediatamente successivi, è consigliabile evitare indumenti aderenti o sintetici, optando per tessuti leggeri e traspiranti che non accentuino il prurito. Anche l’esposizione al sole dovrebbe essere limitata, poiché può peggiorare l’infiammazione cutanea già in atto. In questa fase, l’obiettivo non è solo ridurre i sintomi, ma anche prevenire complicazioni come sovrainfezioni batteriche dovute al grattamento.