17 Gennaio 2025

Cos’è la disidrosi e quali sono le cause

Prurito incessante, vesciche dolorose e pelle che si screpola: la disidrosi è una condizione cutanea che può trasformare le più semplici attività quotidiane in una sfida. Quando la pelle di mani e piedi si riempie di piccole vescicole piene di liquido, ogni gesto – stringere una mano, calzare scarpe o lavare i piatti – può diventare fonte di disagio.

Oltre al dolore fisico, il suo aspetto visibile può generare imbarazzo, amplificando l’impatto emotivo.

Che cos’è la disidrosi?

La disidrosi, conosciuta anche come eczema disidrotico, è una condizione infiammatoria della pelle che si contraddistingue per la comparsa di vescicole piccole e piene di liquido, che interessano soprattutto le mani e i piedi. Più nello specifico, queste lesioni si localizzano sul palmo delle mani, le piante dei piedi e ai bordi delle dita, rendendo le aree colpite particolarmente sensibili e doloranti. Tale condizione si presenta spesso in forma ciclica, con episodi che iniziano all’improvviso, peggiorano nel giro di qualche giorno e si risolvono dopo settimane di desquamazione, lasciando la pelle fragile e arrossata.

Nonostante la sua comune associazione con il termine eczema, la disidrosi possiede caratteristiche uniche e colpisce prevalentemente adulti di età compresa tra i 20 e i 40 anni. Non è contagiosa, ma può risultare debilitante per chi ne soffre, limitando movimenti e gesti quotidiani.

Nonostante la sua natura ancora in parte poco chiara, la disidrosi è considerata una patologia multifattoriale, ovvero il risultato di una combinazione di fattori interni, come la predisposizione genetica, ed esterni, come l’esposizione a irritanti o allergeni. Comprendere meglio questa condizione non significa solo gestire i sintomi, ma anche migliorare la qualità di vita di chi ne è affetto.

I sintomi della disidrosi: come riconoscerla

La disidrosi si manifesta inizialmente con piccoli segni che possono facilmente essere sottovalutati: prurito intenso, bruciore localizzato o una sensazione di disagio nella pelle di mani e piedi. Nel giro di poco tempo però queste sensazioni si trasformano in una caratteristica distintiva: la comparsa di vescicole profonde, piene di liquido, che spesso si presentano in gruppi.

Con il progredire della condizione, la pelle tende a seccarsi e a desquamarsi mentre le vescicole si asciugano, lasciando dietro di sé un tessuto fragile, arrossato, talvolta screpolato e dolente. Le mani e i piedi sono particolarmente vulnerabili, e le crepe o fissurazioni che si formano possono causare un dolore acuto, specialmente durante movimenti ripetuti o contatto con oggetti. Nei casi più severi, l’alterazione della barriera cutanea può aprire la strada a infezioni batteriche, caratterizzate da arrossamenti marcati, gonfiore, formazione di pus o dolore persistente.

I sintomi della disidrosi, pur sviluppandosi in una zona del corpo apparentemente circoscritta, possono avere un impatto significativo sulla qualità della vita. Le difficoltà di utilizzo delle mani e dei piedi influiscono sulle attività quotidiane – spostarsi, scrivere o manipolare strumenti – trasformandole in esperienze dolorose.

Il disturbo tende inoltre a seguire un andamento ciclico: dopo un apparente miglioramento, nuovi episodi possono ripresentarsi, a volte senza una causa apparente, prolungando l’impatto fisico ed emotivo della condizione per mesi o addirittura anni.

Chi è a rischio di disidrosi?

La disidrosi è una condizione dermatologica che non colpisce tutti allo stesso modo, ma mostra una predilezione per alcune specifiche categorie di persone. Tra i principali fattori di rischio emerge l’età: si manifesta più frequentemente tra i 20 e i 40 anni, il periodo della vita in cui la pelle è più esposta a una combinazione di stress, irritanti ambientali e attività lavorative che possono influenzare la salute cutanea.

Anche il genere sembra giocare un ruolo: le donne tendono a essere colpite in misura maggiore rispetto agli uomini, una statistica che potrebbe essere legata a comportamenti specifici o esposizioni professionali più comuni in alcune categorie.

Chi soffre di altre forme di eczema, in particolare la dermatite atopica, è più incline a sviluppare episodi di disidrosi. Questa relazione suggerisce un coinvolgimento della predisposizione genetica: in molti casi, la condizione tende a ripetersi all’interno delle famiglie. La vulnerabilità, però, non si ferma alla genetica.

Condizioni che indeboliscono la barriera cutanea o il sistema immunitario possono aprire la strada a questa forma di eczema. Allo stesso modo, la sensibilità agli allergeni, come il nichel o il cobalto, aumenta la probabilità di sviluppare la disidrosi, specialmente tra coloro che lavorano in ambienti industriali o che maneggiano frequentemente materiali contenenti metalli.

Va considerato anche l’ambiente come fattore: le persone che vivono o lavorano in climi caldi e umidi sembrano essere più a rischio. Le condizioni che favoriscono l’eccessiva sudorazione – come stress fisico, ansia, o attività intense – possono scatenare episodi di disidrosi particolarmente difficili da gestire; alcuni professionisti, come parrucchieri, operatori sanitari o chiunque sia costantemente in contatto con acqua, detergenti aggressivi o irritanti chimici, sono anch’essi particolarmente suscettibili.

Diagnosi: come viene individuata la disidrosi

Poiché i sintomi principali, come vescicole piene di liquido, prurito intenso e desquamazione, sono condivisi con altre condizioni dermatologiche, la complessità sta nell’identificare le caratteristiche specifiche che distinguono la disidrosi da altre forme di eczema o infezioni cutanee.

Il primo passo diagnostico è una valutazione visiva da parte di un dermatologo: la posizione delle lesioni — tipicamente su mani, dita, palmi, piante dei piedi e bordi delle dita — offre un importante indizio. Le piccole vescicole profonde sono un segno distintivo della disidrosi, specialmente quando accompagnate da secchezza e desquamazione nella fase di risoluzione. Allo stesso tempo, questa osservazione da sola potrebbe non essere sufficiente per una diagnosi completa.

Poiché i sintomi principali sono condivisi con altre condizioni dermatologiche, come infezioni fungine o batteriche, possono essere richiesti esami complementari in grado di escludere altre problematiche. Ad esempio, uno scraping o una coltura del tessuto cutaneo possono essere eseguiti per verificare la presenza di infezioni da funghi o batteri. In alcuni casi, il dermatologo può decidere di effettuare una biopsia cutanea, utile per analizzare i tessuti al microscopio e identificare elementi specifici legati alla disidrosi.

Un’ulteriore strategia diagnostica è rappresentata dai test allergologici, in particolare il patch test, un esame utile per individuare eventuali reazioni allergiche a metalli come nichel o cobalto, noti fattori scatenanti della disidrosi, o ad altre sostanze chimiche, come profumi e conservanti, che potrebbero contribuire al peggioramento dei sintomi. Il patch test può rivelare sensibilità latenti che sarebbero altrimenti difficili da identificare solo attraverso l’osservazione clinica.

Più in generale, la storia del paziente è essenziale per confermare la diagnosi e domande riguardanti l’esposizione a trigger noti, possono fornire ulteriori dettagli che aiutano a collegare i sintomi al disturbo. Anche la predisposizione personale è molto importante nella diagnosi.