20 Giugno 2025
Dermatite da stasi: cos’è e cosa sapere
Dietro alcuni problemi della pelle possono celarsi segnali evidenti di un malfunzionamento del sistema circolatorio. Si parla in questo caso di dermatite da stasi. Le sue manifestazioni – gonfiore, prurito, pelle ispessita e scolorita – possono diventare un ostacolo concreto nella quotidianità, compromettendo mobilità, comfort e qualità della vita.
Questo disturbo colpisce soprattutto gli arti inferiori e tende a cronicizzarsi se non gestito con attenzione. Più che una semplice infiammazione, rappresenta il punto di incontro tra pelle e circolazione, un’alterazione visibile che racconta un disagio profondo, spesso sottovalutato, ma capace di generare complicazioni anche gravi nel tempo.
Cos’è la dermatite da stasi
La dermatite da stasi è una condizione infiammatoria cronica della pelle che si sviluppa principalmente a livello delle gambe, laddove la circolazione venosa risulta compromessa. Non si tratta di un semplice disturbo cutaneo, ma della manifestazione visibile di un sistema vascolare che fatica a svolgere la sua funzione. Quando il ritorno del sangue al cuore rallenta o si blocca, liquidi e cellule ematiche si accumulano nei tessuti, generando un’infiammazione progressiva.
La pelle inizia così a cambiare aspetto: diventa fragile, disomogenea nel colore, soggetta a prurito, ispessimenti e, nei casi avanzati, anche a ulcerazioni. Più che un sintomo isolato, la dermatite da stasi è una sorta di campanello d’allarme cutaneo, che segnala un disequilibrio interno da non trascurare.
Perché si sviluppa: le cause alla base
Quando il sistema venoso degli arti inferiori non riesce più a garantire un flusso sanguigno efficace verso il cuore, si innesca un processo di ristagno che coinvolge progressivamente anche la pelle. Le valvole venose, deputate a impedire il reflusso del sangue, con il tempo possono indebolirsi o danneggiarsi, causando un accumulo di liquidi nei tessuti.
Questo aumento di pressione nei capillari provoca la fuoriuscita di plasma e globuli rossi, che irritano e infiammano la cute sovrastante. Il risultato è un’alterazione persistente dell’equilibrio cutaneo, spesso aggravata da fattori predisponenti.
Chi è più a rischio
L’insorgenza della dermatite da stasi segue spesso un andamento legato all’età, ma non può essere attribuita solo al naturale invecchiamento dei vasi sanguigni. Alcuni individui presentano una predisposizione maggiore, frutto dell’interazione tra fattori genetici, condizioni mediche croniche e stili di vita sedentari.
Le donne, in particolare, risultano più frequentemente colpite, probabilmente a causa di variazioni ormonali e maggiore incidenza di vene varicose. Patologie come insufficienza cardiaca, ipertensione, obesità, trombosi pregressa o disturbi renali aumentano ulteriormente il rischio, poiché alterano la pressione venosa e ostacolano il normale ritorno del sangue al cuore. Anche interventi chirurgici agli arti inferiori o traumi possono compromettere la funzionalità del sistema venoso, favorendo l’infiammazione cronica dei tessuti cutanei.
Come si manifesta: sintomi da riconoscere
I primi segnali possono passare inosservati o essere scambiati per semplici disturbi transitori: un leggero gonfiore alle caviglie, una sensazione di pesantezza dopo essere stati in piedi a lungo, un prurito localizzato che non accenna a diminuire. Progressivamente, però, la pelle inizia a cambiare. Si ispessisce, assume una tonalità che varia dal rossastro al brunastro, e diventa sempre più fragile e sensibile.
Piccole chiazze scure, simili a una polvere di pepe, possono comparire come risultato della rottura dei capillari. Nei casi più avanzati, si osservano croste, desquamazioni, lesioni che trasudano e, talvolta, vere e proprie ulcere. La sintomatologia tende a seguire un andamento cronico e localizzato, iniziando di solito nella zona interna delle caviglie e risalendo verso la gamba.
Possibili complicazioni se non trattata
Se trascurata, questa condizione può evolvere in forme più gravi, con ripercussioni non solo estetiche ma anche funzionali. L’infiammazione cronica e il ristagno di liquidi compromettono progressivamente la struttura della pelle, rendendola vulnerabile a lesioni spontanee e infezioni ricorrenti.
Le ulcere venose rappresentano una delle conseguenze più temute: ferite aperte, difficili da cicatrizzare, che si localizzano soprattutto nella parte interna della gamba e possono diventare dolorose e infette. In alcuni casi si osservano trasformazioni della pelle, che appare lucida, indurita o con un aspetto a ciottolato.
Anche la forma della gamba può cambiare, assumendo un profilo anomalo, simile a quello di una bottiglia rovesciata, per effetto della fibrosi tissutale. Oltre al rischio infettivo, si può instaurare un circolo vizioso in cui l’infiammazione peggiora la circolazione, e viceversa.
Diagnosi: quando rivolgersi al dermatologo
Il riconoscimento precoce di questa condizione cutanea può fare la differenza tra un’infiammazione controllabile e un disturbo cronico difficile da gestire. Il consulto dermatologico diventa fondamentale quando si osservano alterazioni persistenti della pelle nella zona delle caviglie o dei polpacci, soprattutto in presenza di gonfiore, prurito o cambiamenti nel colore cutaneo.
L’esame clinico si basa sull’osservazione diretta delle lesioni e sull’anamnesi, ma può essere supportato da ecografie vascolari, test ematici o imaging avanzato, utili a escludere trombosi o patologie sistemiche. Una diagnosi differenziale accurata è essenziale, poiché i sintomi possono sovrapporsi ad altre forme di eczema, psoriasi o dermatosi da contatto. Oltre a valutare lo stato della pelle, è importante indagare la funzionalità del sistema venoso, per individuare l’origine del problema e impostare un piano terapeutico mirato. La collaborazione tra dermatologo e angiologo può risultare decisiva nei casi più complessi.
Trattamenti disponibili: cosa può aiutare davvero
Le terapie topiche con creme a base di Rigenase e Poliesanide, agiscono sull’infiammazione e riducono prurito e ispessimenti. Per contrastare il ristagno venoso, spesso vengono prescritti dispositivi compressivi, come calze elastiche, che aiutano a migliorare il flusso sanguigno e ridurre il gonfiore.
In alcuni casi si ricorre a interventi chirurgici o tecniche mininvasive per correggere le disfunzioni venose sottostanti. La terapia può includere anche antibiotici se sono presenti infezioni, oppure trattamenti con luce pulsata intensa per migliorare le discromie cutanee. Fondamentale è anche l’educazione del paziente alla gestione quotidiana della condizione: elevazione regolare degli arti, attenzione all’alimentazione e attività motoria mirata.