14 Novembre 2025

Dermatite da stasi: cos’è e cosa sapere

Dietro alcuni problemi della pelle possono celarsi segnali evidenti di un malfunzionamento del sistema circolatorio. Si parla in questo caso di dermatite da stasi. Le sue manifestazioni – gonfiore, prurito, pelle ispessita e scolorita – possono diventare un ostacolo concreto nella quotidianità, compromettendo mobilità, comfort e qualità della vita.

Questo disturbo colpisce soprattutto gli arti inferiori e tende a cronicizzarsi se non gestito con attenzione. Più che una semplice infiammazione, rappresenta il punto di incontro tra pelle e circolazione, un’alterazione visibile che racconta un disagio profondo, spesso sottovalutato, ma capace di generare complicazioni anche gravi nel tempo.

Cos’è la dermatite da stasi

La dermatite da stasi è una condizione infiammatoria cronica della pelle che si sviluppa principalmente a livello delle gambe, laddove la circolazione venosa risulta compromessa. Non si tratta di un semplice disturbo cutaneo, ma della manifestazione visibile di un sistema vascolare che fatica a svolgere la sua funzione. Quando il ritorno del sangue al cuore rallenta o si blocca, liquidi e cellule ematiche si accumulano nei tessuti, generando un’infiammazione progressiva.

La pelle inizia così a cambiare aspetto: diventa fragile, disomogenea nel colore, soggetta a prurito, ispessimenti e, nei casi avanzati, anche a ulcerazioni. Più che un sintomo isolato, la dermatite da stasi è una sorta di campanello d’allarme cutaneo, che segnala un disequilibrio interno da non trascurare.

Perché si sviluppa: le cause alla base

Quando il sistema venoso degli arti inferiori non riesce più a garantire un flusso sanguigno efficace verso il cuore, si innesca un processo di ristagno che coinvolge progressivamente anche la pelle. Le valvole venose, deputate a impedire il reflusso del sangue, con il tempo possono indebolirsi o danneggiarsi, causando un accumulo di liquidi nei tessuti.

Questo aumento di pressione nei capillari provoca la fuoriuscita di plasma e globuli rossi, che irritano e infiammano la cute sovrastante. Il risultato è un’alterazione persistente dell’equilibrio cutaneo, spesso aggravata da fattori predisponenti.

Chi è più a rischio

L’insorgenza della dermatite da stasi segue spesso un andamento legato all’età, ma non può essere attribuita solo al naturale invecchiamento dei vasi sanguigni. Alcuni individui presentano una predisposizione maggiore, frutto dell’interazione tra fattori genetici, condizioni mediche croniche e stili di vita sedentari.

Le donne, in particolare, risultano più frequentemente colpite, probabilmente a causa di variazioni ormonali e maggiore incidenza di vene varicose. Patologie come insufficienza cardiaca, ipertensione, obesità, trombosi pregressa o disturbi renali aumentano ulteriormente il rischio, poiché alterano la pressione venosa e ostacolano il normale ritorno del sangue al cuore. Anche interventi chirurgici agli arti inferiori o traumi possono compromettere la funzionalità del sistema venoso, favorendo l’infiammazione cronica dei tessuti cutanei.

Come si manifesta: sintomi da riconoscere

I primi segnali possono passare inosservati o essere scambiati per semplici disturbi transitori: un leggero gonfiore alle caviglie, una sensazione di pesantezza dopo essere stati in piedi a lungo, un prurito localizzato che non accenna a diminuire. Progressivamente, però, la pelle inizia a cambiare. Si ispessisce, assume una tonalità che varia dal rossastro al brunastro, e diventa sempre più fragile e sensibile.

Piccole chiazze scure, simili a una polvere di pepe, possono comparire come risultato della rottura dei capillari. Nei casi più avanzati, si osservano croste, desquamazioni, lesioni che trasudano e, talvolta, vere e proprie ulcere. La sintomatologia tende a seguire un andamento cronico e localizzato, iniziando di solito nella zona interna delle caviglie e risalendo verso la gamba.

Come cambia il microambiente cutaneo

L’edema persistente modifica la pressione nei tessuti e altera la struttura della barriera cutanea, rendendo la pelle più permeabile e vulnerabile agli agenti irritanti. L’accumulo di liquidi interstiziali crea un contesto favorevole all’infiammazione cronica, con rilascio continuo di mediatori pro-infiammatori che contribuiscono all’ispessimento dell’epidermide e alla perdita di elasticità.

Nel tempo, la cute tende a indurirsi e a mostrare discromie dovute alla fuoriuscita e alla degradazione dei globuli rossi, con formazione dei caratteristici depositi brunastre. Anche il microbioma cutaneo può risultare alterato, facilitando sovrainfezioni batteriche.

Possibili complicazioni se non trattata

Se trascurata, questa condizione può evolvere in forme più gravi, con ripercussioni non solo estetiche ma anche funzionali. L’infiammazione cronica e il ristagno di liquidi compromettono progressivamente la struttura della pelle, rendendola vulnerabile a lesioni spontanee e infezioni ricorrenti.

Le ulcere venose rappresentano una delle conseguenze più temuteferite aperte, difficili da cicatrizzare, che si localizzano soprattutto nella parte interna della gamba e possono diventare dolorose e infette. In alcuni casi si osservano trasformazioni della pelle, che appare lucida, indurita o con un aspetto a ciottolato.

Anche la forma della gamba può cambiare, assumendo un profilo anomalo, simile a quello di una bottiglia rovesciata, per effetto della fibrosi tissutale. Oltre al rischio infettivo, si può instaurare un circolo vizioso in cui l’infiammazione peggiora la circolazione, e viceversa.

Diagnosi: quando rivolgersi al dermatologo

Il riconoscimento precoce di questa condizione cutanea può fare la differenza tra un’infiammazione controllabile e un disturbo cronico difficile da gestire. Il consulto dermatologico diventa fondamentale quando si osservano alterazioni persistenti della pelle nella zona delle caviglie o dei polpacci, soprattutto in presenza di gonfiore, prurito o cambiamenti nel colore cutaneo.

L’esame clinico si basa sull’osservazione diretta delle lesioni e sull’anamnesi, ma può essere supportato da ecografie vascolari, test ematici o imaging avanzato, utili a escludere trombosi o patologie sistemiche. Una diagnosi differenziale accurata è essenziale, poiché i sintomi possono sovrapporsi ad altre forme di eczemapsoriasi o dermatosi da contatto. Oltre a valutare lo stato della pelle, è importante indagare la funzionalità del sistema venoso, per individuare l’origine del problema e impostare un piano terapeutico mirato. La collaborazione tra dermatologo e angiologo può risultare decisiva nei casi più complessi.

Trattamenti disponibili: cosa può aiutare davvero

Le terapie topiche con creme a base di Rigenase e Poliesanide, agiscono sull’infiammazione e riducono prurito e ispessimenti. Per contrastare il ristagno venoso, spesso vengono prescritti dispositivi compressivi, come calze elastiche, che aiutano a migliorare il flusso sanguigno e ridurre il gonfiore.

In alcuni casi si ricorre a interventi chirurgici o tecniche mininvasive per correggere le disfunzioni venose sottostanti. La terapia può includere anche antibiotici se sono presenti infezioni, oppure trattamenti con luce pulsata intensa per migliorare le discromie cutanee. Fondamentale è anche l’educazione del paziente alla gestione quotidiana della condizione: elevazione regolare degli arti, attenzione all’alimentazione e attività motoria mirata.

Gestione quotidiana: come proteggerla e mantenerla stabile

Una detersione delicata, priva di sostanze irritanti, contribuisce a preservare il film idrolipidico e ridurre il rischio di microlesioni. L’idratazione regolare aiuta a contrastare secchezza, prurito e ispessimenti, mantenendo la pelle più elastica e resistente.

Fondamentale è anche il sostegno al ritorno venoso: il sollevamento periodico degli arti inferiori può ridurre l’edema e migliorare l’ossigenazione dei tessuti, mentre l’uso corretto della calza elastica favorisce un flusso sanguigno più efficiente. L’adozione di abitudini quotidiane mirate – come pause di movimento, posture non compressive e attenzione ai fattori ambientali che possono favorire irritazione – permette di limitare le riacutizzazioni.

FAQ sulla dermatite da stasi

La dermatite da stasi è contagiosa?

No. Si tratta di una condizione infiammatoria legata a un’alterazione del sistema venoso e non presenta alcun rischio di trasmissione interumana.

La dermatite da stasi può regredire completamente?

L’andamento è spesso cronico, ma un trattamento adeguato può ridurre in modo significativo i sintomi e stabilizzare la condizione. Il miglioramento dipende dalla gestione dell’insufficienza venosa sottostante.

In quanto tempo si osservano miglioramenti con la terapia?

La risposta varia in base alla gravità iniziale. Un controllo dell’edema e dell’infiammazione può manifestarsi nel giro di settimane, mentre le discromie e gli ispessimenti richiedono tempi più lunghi.

Le calze elastiche devono essere utilizzate ogni giorno?

L’impiego regolare della compressione graduata rappresenta uno degli interventi più efficaci per sostenere il ritorno venoso. Modalità e durata possono essere adattate in base al quadro clinico.

È possibile svolgere attività fisica?

L’esercizio moderato, in particolare quello che stimola la pompa muscolare del polpaccio, risulta utile per migliorare il flusso sanguigno. È opportuno evitare attività che favoriscono ristagno o microtraumi.

Il caldo può peggiorare la dermatite da stasi?

Le temperature elevate tendono a dilatare i vasi sanguigni e possono accentuare edema e prurito. Una corretta idratazione cutanea e misure di raffreddamento locale aiutano a limitarne l’impatto.

Quando è necessario un controllo urgente?

La comparsa di dolore intenso, arrossamento marcato, febbre o secrezioni maleodoranti può suggerire un’infezione in atto e richiede una valutazione tempestiva.